Vinix: Gravina 2011

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NOME VINO: GRAVINA 2011

PRODUTTORE: BOTROMAGNO

ZONA: PUGLIA – ITALIA

VALUTAZIONE: @ @ @ @ @
Duro da scalfire lo scetticismo di chi pensa che una regione meridionale dal clima caldo come la Puglia non possa essere, oltre che una terra promessa da grandi rossi, anche una zona di produzione di validi vini bianchi.
Sicuramente, lo capirebbe anche un bambino, i climi non sono quelli delle più bianchiste zone vinicole italiane, dal Friuli Venezia Giulia all’Alto Adige e dal Veneto del Soave, o scendendo al Centro, delle Marche del Verdicchio, sino all’Irpinia del Greco di Tufo e del Fiano di Avellino, e qui quando fa caldo fa veramente caldo e non si scherza.
Però in questa bellissima regione, che per comodità chiamiamo Puglia ma per correttezza dovremmo tornare a chiamare, come si faceva anticamente, le Puglie, tali e tante sono le differenze tra le parte nord, soprattutto l’area a nord di Bari, ed il profondo Sud del Salento brindisino e leccese, che non possono non ripercuotersi anche nei vini. Che, non va mai dimenticato, sono sì figli del savoir faire degli umani, ma esprimono, soprattutto nei casi dei vini più autentici, la natura e la conformazione geologica dei terreni su cui sono situati i vigneti, il tipo di microclima, l’epoca di maturazione.

Tutto questo “pistolotto” solo per dire che se nelle terre del Negroamaro e del Primitivo è più difficile (ma ci sono anche qui piacevoli eccezioni) trovare dei grandi bianchi, qualche centinaio di chilometri più a nord, la Puglia è lunga…, nella Daunia in provincia di Foggia e soprattutto nella Murgia barese, e poi nelle terre dei trulli, Alberobello e Valle d’Itria, http://it.wikipedia.org/wiki/Terra_dei_Trulli si contano sempre più, anno dopo anno, bianchi veramente d’eccellenza. Dotati di una tale freschezza e sapidità da risultare sorprendenti.

Una delle denominazioni più rappresentative di questa che in inglese potremmo definire Apulian way to white wines, via pugliese al bianco, è una Doc, creata nel 1983, che prende nome dal borgo di Gravina in Puglia, situato in provincia di Bari http://it.wikipedia.org/wiki/Gravina_in_Puglia nella zona di quell’Alta Murgia che comprende anche un suggestivo Parco Nazionale http://it.wikipedia.org/wiki/Parco_Nazionale_dell%27Alta_Murgia . Gravina il nome del Paese e della Doc, rigidamente in bianco, ma anche il nome della tipica morfologia carsica della Murgia, con incisioni erosive profonde simili a canyon, http://it.wikipedia.org/wiki/Gravina_%28geologia%29 che si possono ammirare nel capoluogo e un po’ in tutta la zona.

A Gravina in Puglia, come si legge nel motto latino Grana dat et vina (ovvero offre grano e vino) presente nel gonfalone comunale, le tradizioni agricole e vinicole sono antichissime, visto che la coltivazione della vite risale ad oltre 2.500 anni fa, come testimoniano i numerosi reperti della necropoli scoperta sul colle più elevato e fare vino è diventata un’attività seria e professionale, da poco più di vent’anni, dal 1991, quando una famiglia di costruttori, impegnata anche in altri campi, i D’Agostino, decisero di rilevare l’antica Cantina Sociale, salvandola da una situazione fallimentare e facendone un’azienda moderna.

Due decenni dopo i vini della Cantina Botromagno, questo il nome dell’azienda, www.botromagno.it condotta con criteri imprenditoriali e crescente amore per il vino e la viticoltura da Beniamino e Alberto D’Agostino, vanno talmente bene che sono apprezzati e venduti in una dozzina di mercati esteri, trattati da fior di importatori negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Una quarantina gli ettari vitati, https://www.botromagno.it/it/vigneti-e-vitigni.html una gamma che si è progressivamente ampliata e oggi vede una crescente importanza per vini rossi ottenuti da Nero di Troia, Primitivo, Aglianico (nella gamma ora è presente anche un Salice Salentino da uve acquistate in agro di Guagnano), ma il cuore della produzione, anche ora che alla guida tecnica al grande enologo Severino Garofano, che è stato una sorta di secondo padre e di guida all’amore per le vigne ed il vino per Beniamino (sottratto ad una carriera di avvocato), è succeduto l’enologo Alberto Antonini, è il Gravina.

Il Gravina Doc di Botromagno nasce da una lettura rigorosa del disciplinare di produzione che testualmente recita “Malvasia del Chianti: dal 40 al 65 per cento; Greco di Tufo e Bianco d’Alessano da soli o congiuntamente: dal 35 al 60 per cento. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dalle varietà di vitigni Bombino bianco, Trebbiano, Toscano e Verdeca, da sole o congiuntamente presenti nei vigneti fino ad un massimo del 10 per cento”.

Il Gravina Doc di Botromagno, di cui al Vinitaly ho potuto degustare, fresca di imbottigliamento per una prima partita, l’annata 2011, prevede invece un uvaggio composto per il 60% da Greco e per il 40% da Malvasia bianca, cui possono talora essere aggiunte piccole partite di Fiano e Bianco di Alessano.
Anche in questo caso, come ho notato soprattutto del Poggio al Bosco, decisamente più grasso e corposo e con un più ridotto contributo in termini di acidità, il vino, rigorosamente vinificato e affinato esclusivamente in acciaio, non è in forma ottimale, ma già in questa fase manifesta in pieno tutte le caratteristiche che ne fanno il più nordico dei bianchi pugliesi, grazie ai terreni calcarei, ricchi di sali minerali dove sono collocati i vigneti.

Un bel colore paglierino vivace molto luminoso, con tenui riflessi verdognoli ed un naso di buona intensità e compattezza, molto nitido preciso, con la classica impronta tutta freschezza e sale, accenni minerali, dove alla frutta, pesca gialla e pesca noce, mela, e soprattutto agrumi e poi fiori bianchi e fieno, si unisce una classica nota di mandorla.
A costituire un insieme vivo, accattivante, nitido, di bella espressività. Ben secco, ricco di nerbo, con una bella acidità che innerva il vino e gli dà energia e verticalità, l’attacco in bocca, con giusta asciuttezza, una grande freschezza e una bella espressione di frutto, e su tutto una piacevolezza, una facilità di beva, quando lo si porta a tavola e lo si abbina a piatti di pesce, antipasti freddi, torte salate con ricotta e spinaci, che è veramente l’arma vincente, oltre ad uno spiccato carattere territoriale, una calibrata petrosità al gusto, di questo ottimo bianco. Che se non conoscete ancora dovete assolutamente scoprire.
Franco Ziliani
Articolo originale: http://www.vinix.com/degustazioni_detail.php?ID=3378